Decreto di Venerabilità della Venerabile Flora Manfrinati

Decreto sull’eroicità della virtù

“Il precetto dell’amore, il più grande dei comandamenti del Signore, spinge tutti i fedeli a zelare con sollecitudine la gloria di Dio attraverso l’avvento del suo Regno e la vita eterna a tutti gli uomini, affinché conoscano lui come il solo vero dio, e colui che egli ha mandato: Gesù Cristo”.

(Conc. Ecum. Vat. II. Decreto sull’apostolato dei laici, Apostolicam Actuositatem, 3)

Infiammata d’amore per Gesù, il Signore, Flora Manfrinati si avviò prontamente ed in tutta umiltà per la via della croce e della santità. Consumò ogni giorno della sua vita per la gloria di Dio e l’espansione del suo regno e per la salvezza delle anime, alle quali largamente profuse l’esempio delle sue virtù in un così vario quanto generoso apostolato.

Questa donna semplice e premurosa, figlia di Carlo Manfrinati e di Elvira Piacentini, nacque nella parrocchia di Tresigallo, nel territorio dell’arcidiocesi di Ferrara, l’8 luglio 1906, e pochi giorni dopo ricevette il Battesimo.

Quando ebbe circa tre anni fu gravemente colpita da profonde ustioni che le procurarono dolori atroci e permanenti mutilazioni, le impedirono di frequentare la scuola, avere i consueti rapporti sociali con gli altri e intrecciare amicizie con i suoi coetanei.

Con animo forte e sereno affrontò la sua infelice condizione di dolorosa solitudine, trovando conforto nella preghiera e nella stretta unione (fusione) con il Signore che le fu sempre amorevole compagno della vita. Nel 1912 ricevette la Cresima, e in seguito con gioia si cibò per la prima volta del pane eucaristico.

Dopo un certo periodo di aridità spirituale, che la fece soffrire molto, ottenne dal Signore la pace interiore e la cicatrizzazione di molte piaghe purulente che la tormentavano, ma la sofferenza rimase quella di prima, poiché aveva chiesto il dono di “soffrire senza che le venisse tolto alcun dolore”. All’età di sedici anni si trasferì a Costa di Rovigo a servizio in casa dello zio sacerdote; ritornò poi in seno alla famiglia, che si era già sistemata a Testona, presso Moncalieri, nell’arcidiocesi di Torino.

Qui si inserì fattivamente nell’Azione Cattolica e con amorosa sollecitudine e competenza si dedicò all’educazione dei bambini e dei fanciulli e alla conversione dei peccatori raccogliendo frutti in abbondanza. A Palera caldeggiò la pietà eucaristica, fondò la scuola materna, e formò un gruppo di ragazze che denominò: “Apostole della Santissima Trinità”; come infermiera partecipò a pellegrinaggi a Lourdes e a Loreto; visitava gli ammalati e le persone anziane, e svolse anche un profondo apostolato presso le “Massaie rurali”.

Seguendo il consiglio del suo confessore p. Giacomo Fissore I.M.C., divenne l’umile, abile e instancabile collaboratrice delle Suore Missionarie della Consolata nella gestione del collegio-oratorio San Michele in Torino, dove andò ad abitare, e dove diede uno splendido esempio di sollecitudine per le cose di Dio ed il bene del prossimo. La sua intelligente operosità si dimostrò particolarmente utile e proficua per l’istituto medesimo nell’ultima guerra mondiale, quando salvò l’opera dalla distruzione, pose mano alla sua ricostruzione e al suo consolidamento dopo il rovinoso bombardamento subito.

Più tardi, con Lina Prosa ed altre signorine accettò di gestire la “Casa delle Opere Religiose” di proprietà dell’ordine dei Frati Minori, che curava l’educazione umana e religiosa delle ragazze povere e comprendeva il convitto, la scuola materna, la scuola elementare e l’orfanotrofio.

La serva di Dio, carente di salute, di cultura e di mezzi necessari, ma non priva di intelligenza, di fortezza d’animo, di buona volontà, di capacità organizzativa, e prima di tutto ricca di fiducia nella Provvidenza e di ardore apostolico, onorò il suo compito in modo non comune.

Con saggezza e lungimiranza provvide alla formazione di collaboratrici, a cui diede il nome di “Educatrici Apostole” e, superate innumerevoli difficoltà, diede nuovo aspetto e nuova vita alla casa, ne risanò le finanze, cambiò radicalmente di propria iniziativa alcune cose, ne dilatò il campo di apostolato potenziando l’impegno sociale.

Così, dal cuore e dalle fatiche di Flora è nato un nuovo e florido istituto, che lei stessa denominò: “Opera di Nostra Signora Universale”, e che fu eretta in pia unione dall’Arcivescovo di Torino nel 1962.

Pur essendo la fondatrice, la chiave di volta, l’animatrice dell’Opera, la serva di Dio si studiava sempre ed in ogni cosa di evitare le attenzioni e gli elogi della gente; al contrario cercava il nascondimento, fuggiva gli onori, riservava volentieri a sé i lavori più umili, attribuiva l’esito felice ed il merito delle cose alla grazia di Dio e agli altri. In punto di morte poteva affermare: “la mia vocazione è di lavorare nell’ombra”; ed anche quando era criticata, offesa, disprezzata, rivelava un perfetto dominio di sé, una grande pace interiore ed esteriore, ed esclamava lieta: “così rassomiglio al mio sposo, Gesù crocifisso”.

Con fortezza, pazienza e straordinaria calma sopportò le infermità del corpo e le sofferenze dello spirito, le ingratitudini, i rimproveri, i boicottaggi, che in qualche modo incontrò un po’ ovunque nel suo apostolato. Ritenendo per certo che “le scale della santità si salgono in mezzo a contrarietà, asperità e rinunce”, docilmente e con amore ha abbracciato le sue croci e senza indugiare, senza tergiversare ha camminato nella via della perfezione cristiana, compiendo con scrupolo la volontà di Dio, emanando il buon odore di cristo, consumandosi per la santificazione delle anime.

Visse, parlò ed agì sempre nella luce della Fede, Speranza e Carità. Aderì incondizionatamente con semplicità di cuore e di mente al deposito della rivelazione ed al magistero della Chiesa, e compì passi da gigante nella conoscenza e nell’amore del Cristo, che le donò la scienza di Dio e la colmò di grazie e doni spirituali straordinari.

Coltivò la sua intima unione col Signore con la docilità al Vangelo, la fuga del peccato, il compimento attento ed assiduo dei quotidiani doveri, una calorosa devozione alla Ss.ma Trinità e all’Eucarestia, dalla quale attingeva la sua forza interiore e indescrivibili consolazioni.

Nutrì un tenero amore filiale verso la Vergine Maria, che chiamava “la Signora” e “Nostra Signora Universale” (lett. = mia signora e madre universale).

Per amore di Dio amò il prossimo e a lui si consacrò con perseveranza, generosità e noncuranza di sé, compiendo le opere di misericordia spirituale e corporale. In mille modi aiutò genitori, ragazzi e ragazze bisognosi, ammalati, poveri, peccatori, sacerdoti, suore, intere famiglie in difficoltà e molti istituti religiosi, dandosi tutta a tutti senza nulla chiedere in cambio.

Distaccata dai beni terreni, riversò ogni sua speranza in Dio e si accumulò un tesoro in quel Cielo, che anelava con tutte le sue forze raggiungere.

Dimostrò anche in ogni circostanza prudenza per la propria e l’altrui santificazione e nelle iniziative d’apostolato; osservò una rigorosa giustizia verso Dio e il prossimo, e usò dei beni con moderazione. Dotata di un carattere forte e imperioso, si comportò tuttavia con docilità, deferenza e sottomissione, abituata com’era a tenere a freno la propria indole. Fu casta nelle parole, nei suoi sensi, nelle azioni, e amò il Signore di amore esclusivo.

Negli ultimi anni della sua vita, quei dolori che la mettevano in croce, e che non l’avevano mai abbandonata, si fecero più acuti, ma la serva di dio resse bene ai suoi compiti con immutabile slancio, lieta di consumarsi fino alla fine per la gloria di Dio e il bene della Chiesa.

Il suo faticoso pellegrinaggio terreno, caratterizzato da una straordinaria fama di santità, ebbe compimento il 12 marzo 1954.

Si iniziò presso la curia di Torino la causa di Beatificazione e di Canonizzazione con la celebrazione del Processo Informativo Ordinario (anni 1960-1978), la cui validità fu riconosciuta dalla Congregazione per le Cause dei Santi il 6 ottobre 1989. Completata la “positio” si giunse alla discussione della questione: se la serva di dio ha esercitato le virtù in modo eroico.

Il 3 marzo 1995 si tenne con esito favorevole la riunione straordinaria dei Consultori Teologi. Poi i padri Cardinali ed i Vescovi consultori, nella seduta ordinaria del susseguente 3 ottobre, essendo ponente della causa l’Eccellentissimo Monsignore Ottorino Pietro Alberti, Arcivescovo di Cagliari, hanno riconosciuto che Flora Manfrinati ha praticato le virtù teologali, cardinali e annesse in modo eroico.

Presentata quindi dal sottoscritto Pro-prefetto al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II un’accurata relazione di tutti i fatti suesposti, il Santo Padre fece suoi i voti della Congregazione per le Cause dei Santi, li ratificò e dispose che venisse redatto il Decreto sull’eroicità delle virtù della serva di Dio.

Eseguita la stesura del decreto, convocati attorno a sé il sottoscritto Pro-prefetto, il Ponente della causa, me, segretario della Congregazione e tutti i soliti aventi parte, il Santo Padre dichiarò solennemente:

constare delle virtù teologali fede, speranza e carità verso Dio e verso il prossimo, delle virtù cardinali prudenza, giustizia, temperanza e fortezza nonché delle altre virtù a loro annesse, in grado eroico, della serva di dio

 

Flora Manfrinati

 

vergine, fondatrice dell’opera di nostra signora universale, nel caso specifico e per i fini proposti. (*)

Dispose infine che questo Decreto fosse pubblicato e inserito negli Atti della Congregazione per le Cause dei Santi.

 

Dato a Roma, il 12 gennaio dell’anno del signore 1996.

 

† Alberto Bovone

Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia

Pro-prefetto

 

† Edoardo Nowak

Arcivescovo titolare di Luni

Segretario

 

 

(*) il fine proposto è lo scopo stesso di ogni causa, e cioè la beatificazione e canonizzazione del/la servo/a di dio in questione.